Ciao!! Benvenute in un nuovo numero di Dietassassina, oggi parleremo di Approccio e Movimento HAES, con Sara Colognesi.
Buon ascolto!!
Ecco le domande che ho posto a Sara:
Cosa vuol dire HAES?
Quando è nato l’approccio HAES? Come è cambiato negli anni?
Quali sono i nuovi principi HAES? Come sono cambiati nel tempo? Quali fattori hanno influenzato i cambiamenti?
Cosa vuol dire lavorare come professionista che segue il paradigma HAES?
Quali sono le relazioni tra neurodivergenze e grassezza?
Alcuni consigli audio-scritto-visivi:
profilo instagram di Sara Colognesi: https://www.instagram.com/sara_psicologiabenessere?utm_source=ig_web_button_share_sheet&igsh=ZDNlZDc0MzIxNw==
post “Nuovi principi HAES”:
Ringrazio infinitamente Sara. <3
Alla prossima!!!
Buona lotta: grassa e ribelle!!!
Ale xx
Trascrizione audio, fatta con Google (perdonate gli errori):
Ale: Ciao a tutte. Benvenute. Benritrovate a Dietassassina. Newsletter che si occupa di politiche della liberazione del corpo grasso e di lotta alla grassofobia. Io sono Ale e utilizzo i pronomi neutri. E oggi parleremo di approccio HAES, oppure health at every size. Sono molto felice di questa puntata perché ne parleremo assieme a Sara Colognesi che probabilmente conoscerete dal handle di Instagram come @sarapsicologiaebenessere. Vorrei partire dal lasciare la parola a Sara, al quale chiedo come posso riferirmi a lei quali pronomi utilizza, ovviamente ho già utilizzato lei ma perché ho spulciato la pagina Instagram e ho visto i pronomi in bio, però vabbè quali pronomi utilizzi? E se ti vuoi presentare un po' chi sei? quali sono i tuoi interessi e la tua professione? Soprattutto perché è interessante perché dalla bio di Instagram leggo: psy affermativa approcio HAES e GRSD e supervisioni, quindi mi interesserebbe darti un'introduzione.
Sara: Mi chiamo Sara Colognesi, utilizzo pronomi femminili e ho 42 anni. Sono una psicologa psicoterapeuta libera professionista e lavoro a Rovigo e online con persone adulte. Mi occupo di offrire supervisioni individuali ad altre professioni sanitarie sui temi di cui mi ritengo maggiormente esperta. Sono di formazione costruttivista ma, quando mi presento, preferisco evidenziare di avere un approccio affermativo con particolare attenzione agli approcci HAES (Health At Every Size) e GSRD (Gender, Sexual and Relationship Diversity).
Secondo l’APA (American Psychological Association), la psicoterapia affermativa “E’ un intervento socio culturalmente informato che emancipa i clienti e le loro comunità, particolarmente in situazioni in cui la diversità etnica, di genere o dell’orientamento sessuale ha incontrato delle resistenze o in cui condizioni normali sono state patologizzate. Con un’enfasi sulla consapevolezza culturale e di sé, questo tipo di terapia può essere offerta come intervento specifico o nel contesto di altre psicoterapie”.
Questo implica adottare un approccio che integra la psicologia clinica alla psicologia sociale cercando di stare nella complessità della consapevolezza di essere parte di sistema sanitario che ancora adesso perpetra numerosi pregiudizi e che non ha ancora fatto del tutto i conti con le proprie origini coloniali e razziste.
Per dire qualcosa di più personale su di me, sono una persona grassa, disabile con multicronicità, ho diversi interessi assorbenti, dalla serie tv, ai podcast storici in particolare su fenomeni come il Satanic Panic
Ale: Dato che l'argomento di questa puntata è l'approccio HAES o il movimento HAES, vorrei che le persone avessero tutti gli strumenti per poter capire di cosa stiamo parlando e quindi ti chiedo di spiegarci cosa vuol dire. Quindi, cosa vuol dire, in generale, la soluzione in italiano Health At Every Size, ma anche che cos'è un approccio HAES e che cos'è il movimento HAES?
Sara: I primi studi che si possono ricondurre all’HAES si vedono già dagli anni ’60, periodo in cui per la prima volta nella storia occidentale si è cominciato a rivolgere uno sguardo all’alimentazione e allo stile di vita in un modo simile a quello che intendiamo noi oggi. Se da un lato hanno cominciato a nascere indicazioni restrittive basate sulla scienza dell’epoca, dall’altra parte un gruppo nutrito di professionistə della salute aveva già cominciato a capire che c’era qualcosa che non funzionava a lungo termine nelle raccomandazioni che venivano date. Sicuramente le lotte del movimento per la Fat Liberation, portate avanti da persone queer, nere e grasse hanno fortemente influenzato il mondo dell’accademia e stimolato una evoluzione della ricerca in questo senso.
La mole di studi è aumentata nel corso degli anni e un primo punto di svolta è stato negli anni ’80 quando da un giorno all’altro le assicurazioni statunitensi cambiarono i loro premi sulla base del BMI (o indice di massa corporea), e le persone si trovarono improvvisamente classificate come “parola con la o” dalla mattina alla sera.
E’ poi nei primi anni 2000 che nasce l’ASDAH e l’HAES diventa un marchio registrato soprattutto per volere di Lindo Bacon. Bacon è una persona gender queer con competenze in ambito psicologico, psicoterapeutico e nutrizionale che, pur essendo una persona bianca e magra, diventa de facto il volto e la voce dell’HAES a livello internazionale. L’altra grossa svolta è nel 2020 quando Marquisele Mercedes, PhD candidate e attivista, persona nera, neurodivergente, disabile e grassa decide di pubblicare la trascrizione di lunghe conversazioni avute con Lindo Bacon che diventano la prova schiacciante di ciò che molte persone all’interno dell’ASDAH sostenevano da tempo e cioè che l’HAES era diventato l’ennesimo banco di promozione per persone bianche e magre, con meccanismi di mobbing, razzismo e discriminazione. Lindo Bacon, di fatto, non si mai è assuntə la responsabilità delle sue azioni, ma il gesto di Marquisele Mercedes ha dato il via ad un processo di distanziamento tra l’HAES e Bacon e un totale cambio di direttivo dell’ASDAH che ora è davvero condotta da persone queer, nere, disabili e grasse come sarebbe sempre dovuto essere.
Ale: Mi piacerebbe anche affrontare l'argomento da un punto di vista più o meno diciamo storico cioè quando è nato l'approccio HAES dove si colloca dal punto di vista temporale e come è cambiato negli anni. Grazie a al tuo lavoro. Abbiamo anche inserito all'interno di Archivio Grassx la traduzione dei nuovi principi Haes che sono stati redatti nel 2023, quindi la domanda è quando è nato ma anche come è cambiato nel tempo fino ad oggi?
Sara: Il cambio dei principi è coinciso con il cambio nell’ASDAH e tutt’ora sono in revisione e cambiamento, evoluzione che sta richiedendo l’input di tutte le persone che fanno parte dell’associazione.
Si è passati da una visione molto vicina a quella della sanità occidentale ovvero di salute individuale ad una visione della salute come espressione di cura collettiva, integrando la consapevolezza dell’intersezionalità e dei meccanismi di oppressione.
I nuovi principi partono da queste quattro basi:
Le cure sanitarie sono un diritto umano delle persone di tutte le taglie
La cura deve essere libera dai pregiudizi sul peso
La salute è un costrutto socio-politico che riflette i valori della società
Benessere, cura e guarigione sono risorse sia collettive sia profondamente personali
Ale: La domanda che probabilmente è quella che non vedo l'ora di sentire la risposta è quella del: cosa vuol dire lavorare come professionista che segue il paradigma HAES? Secondo me questa domanda è interessante ancora di più per la tua professione. Quando pensiamo a un approccio HAES, credo che nella mente comune venga in vengano in mente nutrizionisti, dietisti comunque professionisti all'interno del settore della diciamo dietetica e nutrizione. E magari può sembrare insolito che una professionista invece della salute mentale definisca il proprio lavoro all'interno del paradigma HAES. Cosa vuol dire? Qual è la tua esperienza e poi secondo me una domanda che può, secondo me, anche ispirare altre tue professioniste nel conoscere questo approccio e cercare di capire anche come poi farlo trasformare da teoria a pratiche.
Sara: L’approccio HAES si applica alle professioni sanitarie, ma non solo, è anche un movimento sociale e, quindi, vi possono aderire anche personal trainer, insegnanti, attivistə e professioni che sono adiacenti all’area sanitaria ma non strettamente tali, come per esempio, la doula.
Sicuramente, come dicevi anche tu, è chi lavora come professionista della nutrizione che è maggiormente in prima linea rispetto a questo approccio, perché è chiaramente più evidente nella loro pratica clinica. Ma per esempio anche chi lavora nella chirurgia dell’affermazione di genere può abbracciare un approccio HAES quando non mette insensati limiti di accesso agli interventi basati sul BMI o indice di massa corporea. Oppure, pensiamo all’ambito della Medicina Generale: avere un approccio HAES in questo caso implica anche avere un arredamento dello studio che sia in grado di accogliere persone grasse o avere a disposizione dei braccioli per la misurazione della pressione di più taglie. Oppure, per le professioni infermieristiche implica sapere che a seconda della corporeità della persona può essere utile utilizzare misure di aghi differenti al fine di garantire a tutte le persone la massima efficacia di una vaccinazione.
Per noi dell’area psy – e si intendono psicologhe, psicoterapeute, psichiatre e tecniche della riabilitazione psichiatrica – è molto importante aderire ad un approccio HAES, perché le nostre figure lavorano spesso in team in situazioni in cui è più facile subire discriminazioni e medical gaslighiting basati sul peso, come per esempio nei percorsi di affermazione di genere, nelle malattie croniche, nei disturbi del comportamento alimentare, nelle neurodivergenze. Dobbiamo sapere quali sono gli impatti della cultura della dieta e della grassofobia sociale e medica sul funzionamento psicologico delle persone che supportiamo per poter davvero essere di aiuto.
Questo implica anche non dimenticare che non esistono approcci affermativi o approcci HAES che non siano fermamente a supporto del diritto all’autodeterminazione delle persone.
Il fatto che come membri di una professione sanitaria ci opponiamo a determinate pratiche medico-sanitarie e ad un sistema in cui la grassofobia sanitaria è imperante non ci autorizza a sostituirci alle persone che seguiamo o a decidere per loro, anche quando prendono delle decisioni che sappiamo non essere molto sostenibili dal punto di vista della salute. In altre parole, può capitare che una persona anche dopo aver fatto un percorso in ottica HAES decida comunque di voler seguire diete restrittive o altre tipologie di azioni sanitarie non previste dall’HAES perché, per esempio, questo può aiutarle a sentirsi meno discriminate o perché subiscono pressioni da famigliari o medici. E come professionista HAES è un mio dovere accogliere questa decisione nel supportare il diritto all’autodeterminazione di questa persona. Chiaramente bisogna poi sempre valutare caso per caso, se può essere utile e fattibile continuare a lavorare insieme oppure no.
Il punto è che sappiamo che la prescrizione della perdita di peso è una indicazione che si rivela quasi sempre fallimentare sul medio e lungo periodo e porta con sé una serie di fattori di rischio sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista mentale. Sappiamo, invece, che si sono molti altri fattori protettivi della salute che possono essere integrati nella vita di una persona che sono più sostenibili nel lungo periodo, nel rispetto dei valori e dei vincoli sociali di quella persona. Avere un approccio HAES significa tenere insieme la complessità degli aspetti individuali all’intersezione con quelli sociali e sistemici delle persone che seguiamo, praticando il non giudizio e partendo dal presupposto che la prospettiva sanitaria occidentale è solo una delle possibili prospettive.
Quindi, è molto difficile lavorare come professionista HAES in un mondo grassofobico, specialmente quando io stessa quando passo da lato di paziente subisco le stesse discriminazioni, ma non conosco altro modo. Per fortuna, ci sono le intervisioni, le supervisioni e i podcast sul Satanic Panic.
Ale: Ultima domanda di cui mi piacerebbe parlare è quella sulla relazione tra neurodivergenze e politiche della grassezza. Ossia, vado più nello specifico, credo ci siano dei fattori che accomunino le esperienze quali tipo: per esempio le discriminazioni che accomunano l'esperienza delle persone neurodivergenti e delle persone grasse. Per esempio mi viene in mente Così pensandoci proprio due secondi l'esperienza della patologizzazione. Come le politiche della grassezza e le neurodivergenze…In che modo queste due lotte sono affini e quali sono quelle tipologie di discriminazioni che vivono e che sono simili?
Sara: Questa è una domanda super interessante e su cui credo che ci potremmo stare per giorni. Spero di riuscire a elaborarne alcuni punti utili.
La questione della patologizzazione è un tema enorme per chi si occupa di salute. Perché da un lato vogliamo tenere presente la necessità di riconoscimento della sofferenza delle persone e onorare il diritto ad una diagnosi, dall’altro sappiamo molto bene come nel corso del tempo varie manifestazioni di esperienze umane sono state considerate patologiche quando patologiche non erano. Un esempio lampante è la diagnosi di isteria: è stata utilizzata come modalità di controllo sociale delle donne e in molti casi come modo di svalutare seri problemi di salute come per esempio l’endometriosi.
Quindi un livello sovraordinato per rispondere a questo invito alla riflessione credo sia identificare il potere politico e sociale intrinseco alle professioni sanitarie in relazione al poter decidere cosa è patologico e cosa non lo è, e di conseguenza anche come poi viene inquadrato ed eventualmente “curato” tra virgolette ciò che è considerato patologico in quella persona.
Nel costruttivismo, per farla molto semplice, si considera un disturbo psicologico ciò che crea sofferenza alla persona, non ciò che la società ritiene disturbato. Avere questo tipo di formazione sulla psicologia e sulla psicoterapia che esula totalmente dal DSM e dalla classica idea occidentale di salute mentale è stato particolarmente prezioso per avviarmi sulla strada della depatologizzazione delle varianti dell’esperienza umana, facendo poi un lavoro di conciliazione con il fatto che mi muovo comunque in mondo professionale dove, a parte chi è costruttivista, nessuno parla come parliamo noi di disturbi psicologici.
Un altro livello di riflessione sulla comunanza della patologizzazione tra neurodivergenza e grassezza lo prendo in prestito dalla divulgazione di Imani Barbarin, attivista e comunicatrice, persona grassa, nera e disabile, che sostiene che qualsiasi marginalizzazione risulti in una disabilizzazione, perché fare parte di un gruppo marginalizzato implica subire Minority Stress, microaggressioni, avere più barriere di accesso all’istruzione, alla sanità, all’affitto/acquisto di una casa eccetera.
Iniziare a guardare come la politica inquadra la disabilità, e di conseguenza tutte le marginalizzazioni istituzionali che vengono create a valle di determinate politiche sociali, economiche e sanitarie, è un cambio di paradigma tanto sorprendente quanto, credo, necessario per poter davvero fare la differenza nella lotta quotidiana per un modo più equo e sostenibile.
Per me risulta quindi molto importante cercare di avere uno sguardo il più possibile intersezionale perché è tutto collegato e non possiamo parlare, per esempio, di fat liberation senza parlare di neurodivergenza, disabilità, razzismo, e le altre varie forme di marginalizzazione. Insomma, credo che la via debba necessariamente essere comunitaria e collettiva.